Per lungo tempo,
il repertorio tutt’oggi conosciuto col nome di “canzone napoletana”,
ha mescolato forme di epoche differenti, rendendo comunque possibile ai giorni
nostri la sopravvivenza di canzoni anche molto antiche, rivisitate dai cantanti
di “genere”. La ricerca sulle tradizioni popolari degli anni 60
e 70 ha cercato di dimenticare il retaggio ottocentesco (da salotto), ignorando
però come proprio esso abbia contribuito a tramandare per iscritto
molte delle preziose canzoni di cui questa incisione si occupa.
A parte pochi casi, sono qui presenti composizioni di fonte scritta frutto
di quel fermento tutto napoletano legato alla editoria musicale, che ebbe
inizio con i francesi Girard e Cottrau e che si amplificò, lungo tutto
l’ottocento, sino ad arrivare ai noti Bideri e Ricordi.
Simbolo forse di una transizione storica, questo cd percorre un secolo di
canzone napoletana; dalla fine del settecento agli ultimi anni del ottocento.
La scelta è volutamente circostanziata da fatti e documenti che testimoniano
la nascita e lo sviluppo di un genere tutto partenopeo che, dall’anonima
arietta Si tu nenna, ci porta sino ai monumenti della poesia in musica dell'ultimo
quarto dell’ottocento di cui Di Giacomo e Costa sono di certo i più
alti rappresentanti.
Si diceva quindi dell’importanza dell’editoria musicale a Napoli;
essa contribuì nettamente dapprima alla riscoperta e messa alle stampe
di un repertorio prettamente orale e poi allo sviluppo della canzone d’autore.
A Bernard Girard e Guillaume Cottrau (entrambi francesi) si deve lo sforzo
di tramandare reperti musicali di origine popolare che, attraverso le loro
mani, si trasformarono in arie da salotto e divenenendo la base di un genere
canzonettistico che avrà un respiro internazionale. Sono qui presenti
diversi esempi tratti dall’edizione del 1824 e 1825 raccolte nei “Passatempi
Musicali” pubblicati proprio a Napoli. Le canzonette e le calascionate
qui proposte partono dall’arrangiamento armonico suggerito da Cottrau
nella parte per pianoforte e sono rielaborate secondo un criterio più
consono allo strumento di accompagnamento scelto, in questo caso la chitarra.
I brani selezoinati sono: Tu m’aie prummise, Cannetella, Fenesta vascia,
La Fattura e Né né Guè Guè trabotta. Certamente
molto più antichi dell’epoca in cui vennero pubblicati, sono
il punto di contatto con la tradizione popolare sebbene qui rispecchino già
uno stile più romantico.
Il caso di Si tu nenna è interessante: probabilmente un'arietta del
teatro buffo, è riconducibile alla fine del settecento; il canto era
conosciuto anche con un primo verso parodistico che recitava: Carulì
si m’amave n’aut’anno. Sarebbe riconducibile quindi ai moti
rivoluzionari napoletani (1799) e con un primo verso riferito a Maria Carolina
di Borbone. La versione viene proposta tiene presente della grande popolarità
che il canto ottenne nell’ottocento, testimoniata anche dalle variazioni
per chitarra scritte a Mauro Giuliani (1781 – 1829) su questa canzone.
Certamente al teatro musicale napoletano si deve la nascita di alcune ariette
che divennero veri successi; è il caso di Palommella, che è
ciò che resta dell’opera Molinarella di Nicola Piccinni rappresentata
a Napoli nel 1766. Questa aria, cantata dal personaggio “Brunetta”,
rimase nell’orecchio ai napoletani al punto che, Domenico Bolognese
a metà del secolo successivo darà alla luce una personale rielaborazione
che, per noi, resta l’unico reperto scritto di questa canzone.
Lo stesso si potrebbe pensare della breve aria La nova gelosia che ha per
noi un interesse dovuto anche alla tematica della finestra che avrà
un suo filone nelle serenate ottocentesche (si veda Fenesta vascia, Fenesta
ca lucive).
Tra i brani forse più importanti della prima metà dell’ottocento
troviamo Te voglio bene assaje; è certamente la prima canzone d’autore
del repertorio napoletano dell’ottocento. Conosciamo il creatore dei
versi, l'ottico Raffaele Sacco, meno sappiamo del compositore musicale (si
pensa a Gaetano Donizetti?). Con questa canzone scritta nel 1835 si apre la
napoletanissima tradizione di presentare il 7 settembre, durante la festa
della Madonna di Piedigrotta, nuove canzoni scritte durante l’anno.
È il caso di questo brano che ebbe una notorietà incredibile
e che suscitò addirittura polemiche sui quotidiani dell’epoca
al suono di sferzanti litigi tra sostenitori e polemici critici verso l'esasperante
notorietà del canto. Fu stampato un foglietto in cui un anonimo gentiluomo
scrisse: per ogni strada o vicolo - quel canto mi sgomenta - e, caso tremendo,
insopportabil è. - Giovani, vecchi, bamboli – ognun convien che
abbai: - Te voglio bene assai – e tu non pensi a me.
Ma la celebrità del caso che giunse fino nelle stanze dell’alto
clero contribuì alla sua fama al punto che ne nacque una versione con
testo religioso dal titolo: L’uomo e Dio. Il successo di questa canzone
fruttò una discreta fortuna anche all’editore, si dice che ne
furono stampate oltre 170.000 copie.
Di certo con questa canzone ha inizio la scalata e la nascita di talenti noti
e osannati dal popolino e dalla borghesia; assume un ruolo di prestigio la
figura dell’autore - poeta a cui si accostano i compositori musicali
che da Teodoro Cottrau a Raffaele Costa contribuirno ai grandi successi di
questo genere musicale.
Quando, nel 1849, morì Guillaume Cottrau era già in piedi una
casa editrice di questa famiglia che passò nelle mani del figlio Teodoro
(“il francese di Mergellina”); questi fu attivo editore a al tempo
stesso compositore, diede vita al periodico L’eco del Vesuvio che restò
in vita fino al 1870. A lui si deve una notissima canzone ancor oggi conosciuta
in tutto il mondo: Santa Lucia; pubblicata nel 1850, tutt'oggi riecheggia
nei carillon venduti a Napoli. La melodia prende forse spunto dall’aria
Com’è bello, quale incanto dalla Lucrezia Borgia di Donizetti.
La versione proposta è quella con i versi originali in lingua napoletana
che però all’epoca vennero presto sostituiti da quelli in italiano
di Enrico Cossovich con cui oggi è ancora conosciuta la canzone.
Si arriva così a toccare il più famoso dei poeti napoletani:
Salvatore Di Giacomo (1860 – 1934); autore che insieme al compositore
Mario Costa meriterebbe un volume a se, viene qui ricordato con due canzoni
che sono pietre fondamentali del repertorio di ogni cantante che si rispetti.
Era di Maggio uscita per la Società Musicale Napoletana nel 1885 sarà
un clamoroso successo che forse contribuì a dimenticare la drammatica
epidemia di colera che aveva afflitto la città un anno prima. Il caso
invece de La luna nova scritta nel 1887 dimostra la passione del pubblico
napoletano verso quest’autore; infatti questa canzone inserita in una
rappresentazione del 1887 voluta dall’impresario Persico per il teatro
La Fenice, fu l’unico brano che si salvò dai fischi del pubblico
accorso alla prima di quella disastrosa piece. Questa canzone uscì
per i tipi della Società Musicale Napoletana divenendo la canzone preferita
di Papa Leone XIII che spesso la fece suonare in Vaticano.
Nell’affrontare una incisione di canzoni napoletane ci si è posti
come traguardo quello di un certo rigore filologico, sia nel canto che nell’esecuzione
delle armonie. La scelta della chitarra come unico strumento di accompagnamento
vuole essere un omaggio ad un tipico esecutore del repertorio del passato:
il posteggiatore, capace di cantare accompaganndosi alla chitarra. La scelta
degli strumenti d’epoca ci aiuta a riportare in vita il suono del tempo,
con un tipo di prassi di desunta dai compositori per chitarra del primo ottocento,
tra tutti il pugliese Giuliani e il napoletano Ferdinando Carulli (1770 –
1841), di cui sono presenti alcune composizioni per strumento solo. Non di
meno la scelta di introdurre o interpolare le canzoni con brani per chitarra
di questi autori offre la possibilità di far ascoltare preludi o variazioni
altrimenti de-contestualizzate in un lavoro esclusivamente chitarristico.
Il tutto è stato eseguito su strumenti originali* e con tecnica in
stile (ad esempio l’uso del mignolo della mano destra appoggiato sul
piano armonico come in uso per la chitarra barocca).
Stefano Albarello©2004
TACTUS 2004
TC 790001
CLASSICS TODAY (2005)
ECO DEL VESUVIO
Voto esecuzione 10 Voto registrazione 10
How
novel! Here we have a native Italian singer accompanying himself on various
period guitars in a recital of mostly 19th-century Neapolitan songs. No, tenor
Stefano Albarello is not in the vocal league of Pavarotti, Corelli, or Di
Stefano (or even Alva or Lanza for that matter), but these lovely songs never
were intended as lighter fodder for opera singers. It's so refreshing to hear
Napoleone Coste's familiar "Santa Lucia" sung without the
exaggerated sentimentality it usually receives. In Raffaele Sacco's equally
popular "Te voglio bene assaje", Albarello likewise restores to the
song its elemental rhythmic and melodic simplicity. The tenor certainly is
expressive enough, yet his delivery never undermines the idiomatic, folkish
charm so critical to these songs' purity and authenticity.
Tactus'
sound is audiophile quality. Rarely has the subtle richness and warmth of an
acoustic setting been so convincingly captured, especially on CD. The
accompanying booklet includes a concise yet vivid overview of the period and a
brief discussion by Albarello of most of the selections, though sadly it
offers no translations of the Italian texts. Don't let this deter you: this is
a very satisfying recital, urgently recommended to all fans of traditional
Italian songs. Beautiful, just beautiful!
--John
Greene